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Le associazioni medio piccole prendono posizione sulla riforma dell'Ordine

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Comunicato del Capss, il Coordinamento dei presidenti e dei segretari delle Associazioni di stampa per un sindacato di servizio, che raggruppa le associazioni di Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Trentino Alto Adige, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto, sul tema della riforma dell’Ordine.

Ritenere che sia «necessaria e urgente una radicale riforma della legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti» è un dato di fatto. Ma è bastato che a dirlo fosse il segretario generale della Fnsi Paolo Serventi Longhi perché si scatenasse una scomposta reazione dei vertici dell’Ordine nazionale. Una reazione che ci sembra, oltretutto superficiale nei contenuti. Condividiamo infatti le dichiarazioni di Serventi Longhi a commento della proposta degli onorevoli Capezzone e De Lucia di abolire l’Ordine dei giornalisti e di istituire una carta professionale, sul modello francese. Lontani dal condividere la proposta dei radicali, come Serventi Longhi, pensiamo però che un Ordine che «non riesce a svolgere tempestivamente e con efficacia il ruolo di garante dell’etica dei giornalisti e dei cittadini non abbia alcun senso, e che anche le regole dell’accesso alla professione appaiono inadeguate di fronte al dilagare del precariato e del lavoro nero».

Le compromissioni di alcuni giornalisti con i poteri dello stato (i Servizi) e il dilagare del malcostume professionale, come è stato purtroppo dimostrato nel caso di “Calciopoli”, rafforzano tra i colleghi e in tutti noi la convinzione che l’Ordine sia inadeguato o, quantomeno, impotente ad affrontare problemi che ormai toccano l’essenza stessa della professione. Diciamo questo prescindendo da un giudizio sui dirigenti dell’Ordine che invece stimiamo e che appaiono, spesso, impotenti di fronte ad una legge ordinistica vecchia e farraginosa.

Dopo decenni di proposte di riforma provenienti tra l’altro anche dall’interno della categoria e dell’Ordine stesso, sembra quasi di trovarsi di fronte ad un organo di autogoverno irriformabile. E il fatto che dalla politica vengano segnali espliciti di voler cancellare l’istituto non può né scandalizzarci, né essere preso come una provocazione da ignorare. Purtroppo siamo di fronte ad una situazione talmente grave che l’alzata di scudi del vertice dell’Ordine non fa altro che peggiorare. Alla debolezza della risposta dell’Ordine sul piano dell’etica si aggiunge la inadeguatezza delle regole dell’accesso alla professione.

La corretta indicazione della via universitaria si scontra con il dilagare senza regole dei master in giornalismo regolati da convenzioni inadeguate in molti casi, ad una vera formazione e con l’uso selvaggio degli stagisti sfruttati e usati come massa di manovra per spingere al ribasso il costo del lavoro. Da notare poi che ogni anno l’Ordine sforna attraverso l’esame di stato almeno mille nuovi giornalisti professionisti che vanno ad ingrossare le file delle liste di disoccupazione (leggi sottoccupati) che ormai sfiorano le 3000 unità. Il problema dell’accesso alla professione demandato all’Ordine rischia di tradursi in un grave problema sindacale (disoccupazione e precariato di massa).

Ci appare quindi davvero strano che l’attuale presidente dell’Ordine, Lorenzo del Boca, che è stato a lungo nel sindacato assumendo anche il ruolo di presidente della Fnsi, bacchetti il segretario generale solo perché ha osato affermare quello che pensa la stragrande maggioranza dei giornalisti che tutti i giorni fanno i conti con il degrado etico della categoria e con i gravi problemi del lavoro, e cioè che «così com’è l’Ordine dei giornalisti non ha senso». Quindi ribadiamo: sono più che maturi i tempi per una radicale autoriforma prima che siano altri a pensarci.

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