Il Coordinamento delle Associazioni regionali di Stampa di Liguria, Veneto, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Puglia, Basilicata e Molise ritiene che sulla diffamazione a mezzo stampa siamo alle tragicomiche finali. Il Senato si propone di creare la figura del direttore irresponsabile e di mandare in galera i cronisti. È il risultato del combinato disposto fra voti segreti e il prevalere di risentimenti e rancori verso il giornalismo italiano da parte di una classe politica agli sgoccioli di una legislatura che avrebbe ben altri temi sui quali esercitarsi prima di passare agli annali.
Si profila una soluzione indegna e inaccettabile per un tema così serio e delicato quale quello della diffamazione. Una proposta paradossale, scaturita con il pretesto di sanare una condanna fuori misura nei confronti del direttore Sallusti per una vicenda comunque gravissima. La norma che il Senato si appresta a varare – convocandosi straordinariamente nella giornata di lunedì, solitamente dedicata dai senatori alla meditazione – non risolve il problema che maggiormente sta a cuore a coloro che si ritengono diffamati e ai giornalisti che non si ritengono immuni dal rischio dell’errore: il ristoro della dignità lesa mediante lo strumento della rettifica.
I giornalisti non rivendicano alcun diritto particolare, ma solo il dovere di poter fare il loro lavoro: ricercare notizie e metterle a disposizione dei cittadini. Chi ritiene che i giornalisti possano venire meno a questo patto che ogni giorno si rinnova con i lettori si illude: non sarà la minaccia del carcere a tenere al guinzaglio i giornalisti italiani, che scrivano sui giornali, lavorino nelle tv, nelle radio, nei siti web.
Per non essere ridotti al silenzio domani, sosteniamo la necessità che lunedì 26 novembre il giornalismo italiano manifesti con uno sciopero di tutti gli organi di informazione la propria netta opposizione a un atto atto grave, irragionevole e viziato, confidando che la politica, la cultura, la società civile si adoperino per suturare subito una ferita che altrimenti rischierebbe di lacerare il tessuto democratico del Paese.